Per “dipendenza”
si intende una relazione particolare con una persona od oggetto, tale per cui
non se ne può fare a meno senza accusare disagio o patire forte stress.
Sul versante biologico si osserva
che l’organismo col tempo si adatta alla sostanza e necessita di dosi
crescenti, con la conseguenza che la brusca sospensione produce una sindrome
d’astinenza, più o meno sfumata a seconda dei casi.
Spesso alla componente biologica
della dipendenza si associa quella psicologica, per cui il comportamento del
tabagista può essere influenzato da dinamiche intrapsichiche e relazionali
profonde. Tali componenti frequentemente risultano collegate ad una fissazione
allo stadio orale dello sviluppo psicosessuale infantile per cui grande valenza
assumono le esperienze incentrate sulla stimolazione della bocca e del cavo
orale.
Il neonato attraverso il succhiare,
ingoiare, alimentarsi, ha modo di conoscere sé stesso, attraverso le sensazioni
fisiche, e il mondo mediante le prime interazioni con la madre.
L’ esperienza di soddisfazione
derivante dal piacere orale hanno grande importanza nella strutturazione
psichica e costituiscono un fattore protettivo che consente di superare nel migliore
dei modi i vissuti di frustrazione che sono, tuttavia, altrettanto necessari
per uno sviluppo equilibrato.
Il neonato nei momenti di
frustrazione impara a portare tutto alla bocca alla ricerca di quelle
sensazioni piacevoli di cui serba memoria. La fissazione a questo stadio dello
sviluppo può essere causata dall’eccessiva gratificazione o all’opposto da
eventi traumatici che vanno a causare un arresto dello sviluppo libidico.
Molte sono le problematiche che
possono conseguire a tale configurazione tra cui lo stabilirsi di una
“personalità orale”. Si tratta di individui che conservano in età adulta le
stesse modalità intrapsichiche che caratterizzano il neonato per la risoluzione
degli stati di tensione ed ansia. Secondo il “principio del piacere” si è alla
ricerca dell’appagamento immediato, privo di attesa, agendo d’impulso e quasi
in maniera automatica. Il fumatore rimuove il pensiero delle conseguenze nocive
del fumo poiché sente più urgente il bisogno di soddisfare una pulsione. Fumare
diventa, così, una modalità orale attraverso la quale superare tutto ciò che
nell’individuo provoca tensione e disagio psichico.
Nell’adolescenza rappresenta un
comportamento rituale, di passaggio, attestante l’inclusione o l’esclusione dal
gruppo dei pari. Veicola comunicazioni, è uno dei modi per manifestare il
proprio disagio oppure l’opposizione nei confronti della famiglia alla ricerca
di una definizione identitaria.
È possibile in tal caso che l’uso di
sigarette sia solo transitorio mentre l’acquisizione di una dipendenza
necessita di un substrato nella struttura psicologica individuale, che non di
rado trova rinforzo nel contesto sociale. Infatti, tra i fumatori adulti si
stabilisce una complicità di gruppo per cui ci si ritrova insieme per ripetere
il consueto rito della sigaretta in un luogo dove nessuno ostacoli questo
comportamento e nessuno ricordi quanto è dannoso. Occorre precisare che una
volta instaurata la dipendenza tabagica, intervengono numerosi meccanismi per
cui essa viene mantenuta in età adulta. Essa sembra essere una risposta
funzionale alle difficoltà a relazionarsi, capace di placare lo stato di
malessere, almeno in parte. Tale comportamento rientra, quindi, tra le modalità
di autogratificazione più comuni (Tinghino, 2003).
Nel nuovo sistema di codifica delle dipendenze patologiche che si rileva nel DSM-5 (edizione del 2014), le categorie diagnostiche di abuso e dipendenza sono state
fuse in un unico disturbo da uso di sostanze misurato su un continuum da lieve
a grave.
Nel DSM-5 vengono individuati i
criteri specifici per porre diagnosi di disturbo da uso di tabacco. Il criterio
A vede un pattern problematico dell’uso di tabacco che porta a disagio come riscontrabile
attraverso almeno due delle seguenti condizioni, che si verificano entro un
periodo di almeno 12 mesi:
- utilizzo di tabacco per un periodo
e in un quantitativo maggiore di quanto fosse nelle intenzioni;
- desiderio di smettere o
controllare l’uso e sforzi infruttuosi in tal senso;
- forte desiderio o spinta all’uso;
- uso ricorrente di tabacco in
situazioni nelle quali è fisicamente pericoloso (fumare a letto);
- uso continuato di tabacco
nonostante se ne conoscano gli effetti nocivi;
- importanti attività (lavoro,
attività sociali e ricreative) vengono abbandonate, interrotte a causa dell’
uso di tabacco;
- continuare a usare tabacco
nonostante si incorra in problematiche relazionali (discussioni altri dovute
all’uso);
- presenza di tolleranza;
- presenza di astinenza;
Attualmente si tratta di un fenomeno
ancora molto diffuso. Secondo i dati ISTAT 2011 in Italia fuma il 22,3% della
popolazione di età dai 14 anni in su. I fumatori sono il 28,4% dei maschi e il
16,6% delle femmine. Percentuali ancora piuttosto ampie nonostante le campagne
informative sui danni del tabagismo promulgate a livello nazionale.
Sono,
infatti, ormai note le conseguenze negative sulla salute associate all’uso di
tabacco, inclusi i danni alla propria persona e quelli determinati dal
respirare fumo passivo; eppure moltissime persone ancora oggi iniziano o
proseguono a fumare. Le iniziative assunte nel nostro paese dal Ministero della
Salute per contrastare il fenomeno, utilizzando anche immagini choc e frasi
stampate sui pacchetti di sigarette ricordanti la nocività del fumo, non
sembrano aver raggiunto i risultati sperati.
Secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità il tabacco è la principale causa di
morte evitabile nel mondo. Poiché le campagne di informazione sui rischi sono
state massive e riproposte ciclicamente è evidente che nel mondo occidentale
quasi tutti conoscono i pericoli in cui si incorre fumando. Pertanto, molto ci
si è interrogati sui motivi che portano a perseverare in tale comportamento e
su come si possa risolvere la “dissonanza cognitiva” destata da tale paradosso.
Non
di rado il fumatore fa appello persino al fatto che ormai l’aria è talmente
inquinata che non sarà qualche sigaretta a “fare la differenza”, oppure che
senza fumare starebbe peggio.
Abbiamo
già affermato quanto sia corretto considerare il tabagismo una vera e propria
dipendenza, talvolta più marcata sul versante fisico, altre volte riconducibile
maggiormente al versante psicologico, senza dimenticare l’influenza sociale che
può accentuare e incentivare il fenomeno.
Il
fumo può essere sintomo di un disagio maggiore e quindi le strategie per
contrastare efficacemente tale comportamento richiedono che lo si inquadri
nella complessità che assume nella vita quotidiana del fumatore.
È
possibile smettere di fumare attraverso un percorso di sostegno individuale o
di gruppo presso uno dei Servizi territoriali per la cessazione dal fumo di
tabacco.
Questo Blog svolge anche
funzione informativa, non solo territoriale, che mira ad ampliare la conoscenza
di coloro che abbiano intenzione di “smettere” del fatto che può rivolgersi al
Centro Antifumo (localizzando il Centro più vicino) per ottenere un sostegno
concreto (medico e psicologico) e affiancamento per tutta la durata del
percorso.
Nicoletta De Stefano
(psicologa)
(psicologa)
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