martedì 16 agosto 2022

Quando le sigarette diventano i nostri “occhiali emotivi”…

Negli ultimi anni sono state fatte molte scoperte sui meccanismi neurobiologici che svolgono un ruolo fondamentale nelle dipendenze. L’inclinazione alla dipendenza ha una forte componente genetica (1) ed è associata, tra l’altro, ad un ridotto livello congenito di dopamina nel cervello. Che sfiga, vero? È come nascere, ma poi rimanere comunque “mezzi addormentati”! Una sorta di daltonismo emozionale; cioè come le persone con daltonismo non riescono a riconoscere chiaramente i colori rosso e verde, così le persone con livelli ridotti di dopamina percepiscono meno intensamente i propri sentimenti. C’è una sorta di foschia che aleggia sopra la loro vita emozionale. Sarà compito delle figure genitoriali ed educative di riferimento guidare e sostenere il bambino nella convivenza con questa condizione. Di solito questo processo va a buon fine, ma con alcune persone le cose non vanno così lisce. Ciò diventa evidente quando provano per la prima volta alcol, nicotina o droghe! Improvvisamente si apre davanti a loro un mondo tutto nuovo! Si sentono “meglio” di come si erano sentiti prima, e sperimentano subito cosa intendevano gli altri quando dicevano di godere intensamente la musica, la natura, il sesso o l’intimità. Tuttavia questo piacere ha vita breve e appena l’effetto svanisce, la persona ricade nel suo solito livello di emozione o, addirittura, sperimenta un livello emotivo ridotto per l’effetto rimbalzo. Di conseguenza, proprio questo rende praticamente irresistibile la voglia di riusare o mettere in atto il comportamento additivo. Peraltro, la dipendenza non dipende solo dal nostro corredo neurobiologico, altrimenti tutti quelli che hanno una inclinazione genetica alla dipendenza diventerebbero dipendenti patologici, ma anche dall'interazione con l'ambiente in cui si vive. Se i geni ci portano a collezionare armi, poi l'ambiente può decidere se farci premere il grilletto oppure no!
La predisposizione congenita e la compulsione irresistibile ad accendere un’altra sigaretta, nel nostro caso specifico, crea un’altra condizione psicologica, la più difficile di tutte da scardinare con un paziente dipendente: la deresponsabilizzazione. Anzi in base alla mia esperienza decennale nei Servizi per le dipendenze come psicoterapeuta, posso dire che il lavoro più difficile in terapia è proprio quello sostenere il paziente nell'affrontare la responsabilità personale e la propria libertà di scelta. Ritornando a quegli “occhiali” che offrono una vista emotiva intensa appena si indossano con la sperimentazione di una sostanza psicotropa (cioè che agisce sulle funzioni psichiche), confermo ogni singola parola sulla base della mia esperienza! La mia prima sigaretta, a 15 anni (ahi, ahi, ahi!), sola a casa, nella mia stanza, presa da un pacchetto di una mia amica che lasciò nel mio motorino (Scarabeo 50, ah, i meravigliosi anni 90!), per non farsi scoprire dalla madre, fu un qualcosa di eccezionalmente trasgressivo ed euforico. Ricordo ancora il poster di Ramazzotti attaccato sul muro di fronte che girava intorno a me ed io che, a mia volta, giravo intorno alla stanza. Uno piacevole stordimento, uno sballo, giuro! La trasgressione, la prova. Eppure fumare era un atteggiamento che tanto avevo condannato in mia madre tuttora accanita fumatrice. Le nascondevo o addirittura le rompevo pacchetti interi. Che ipocrita, vero?
Tuttavia, non fu la sigaretta dell’amica a rappresentare il primo anello di una lunga catena, perché passarono diversi mesi prima di passare alla seconda e così via, verso ciò che col senno di poi ho equiparato all'autodistruzione. In effetti quando ho iniziato ad indossare “gli occhiali emotivi” non nascondo di aver provato piacere per poi rendermi conto che, una volta instauratasi la dipendenza, niente sarebbe stato più come prima.
Oggi, in questo preciso istante, sento una sensazione fastidiosa ripensando a quel piacevole stordimento della prima sigaretta, e per di più vorrei non provare quella tentazione ancora presente di riaccenderne una, una traccia insopportabile nella mia mente. Vorrei poter ritornare indietro, ma ciò che fatto è fatto. Si può solo volere ogni giorno con forza, costanza e coerenza scegliere diversamente. Mi è venuta in mente una frase da un libro di psicosintesi: “Se vuoi crescere, dovrai imparare a convivere con l’inevitabile!” (2).
Una frase che sembra paternalistica, ma in realtà è la chiave per sopravvivere ed integrare gli eventi spiacevoli, perché tanto l’universo non si adatta ai nostri desideri.
Dunque attraverso l’accettazione riusciamo ad entrare nel pieno dell’esperienza, per sentire e comprendere il messaggio di insegnamento che ci arriva da quella circostanza.
Entrare in contatto con i ruvidi contorni della realtà è un avvenimento psichico di enorme importanza, ma è essenziale accettare con leggerezza qualsiasi evento negativo della nostra vita. Anche solo per un momento. Un momento più un momento, più un momento sommato per un numero indicibile di volte può portare alla scelta di un’intera vita senza nicotina. Qui. Ora.

1. Stavroula V Giannoulis, Meghan J Chenoweth, Paulo Saquilayan, Rachel F Tyndale, Caryn Lerman, James L Kennedy, Laurie Zawertailo, Vanessa Gonçalves: Examining the role of mitochondrial genetic variation in nicotine dependence. Psychiatry Res. 2022 Apr;310:114452.
2. Pietro Ferrucci: Crescere. Teoria e pratica della psicosintesi. Casa Ed. Astrolabio, 2020.
Patrizia Sasso
(psicoterapeuta)
vedi anche: