martedì 31 maggio 2022

31.05.2022 World No Tobacco Day 2022 - Tabacco: una minaccia per il nostro ambiente










  Il tema della giornata mondiale senza tabacco 2022 ha come punto focale la protezione dell'ambiente minacciato dal tabacco; Tobacco: Threat to our environment – Tabacco: una minaccia per il nostro ambiente.

L'impatto ambientale del tabacco costituisce una significativa quota dell'inquinamento antropico che agisce in maniera diversificata: mozziconi abbandonati che contaminano l'idrosfera dove disgregandosi entrano nella catena alimentare soprattutto della fauna marina, inquinamento dell'aria attraverso il fumo passivo detto di "seconda mano" e poi abbiamo il fumo di terza mano e l'after smoke, impoverimento dei terreni sottoposti alla tabacchicoltura, deforestazione con aumento di gas serra e depauperamento delle risorse idriche.

Intanto, sull'onda dell'emotività della guerra in Ucraina, l'inquinamento da tabacco sta passando in secondo piano, mentre in realtà si sta sommando all'inquinamento bellico che peraltro sta coinvolgendo le economie mondiali e conseguentemente sta sottraendo risorse per contenere l'inquinanento in maniera sostenibile.

Passando ad osservare i dati sul tabagismo nel nostro Paese, gli ultimi dati presentati dell'Istituto Superiore di Sanità in occasione della Giornata Mondiale Senza Tabacco evidenziano un consumo di sigarette che tende ad un drammatico peggioramento.

In effetti, la prevalenza dei fumatori maschi in Italia, già in crescita al 28% nel 2019, si è ulteriormente innalzata al 30,2% nel 2022. Per osservare una percentuale così elevata e che giunge abbondantemente al 30% bisogna tornare indietro almeno al 2004. Pertanto, i maschi italiani rispetto al fumo sono regrediti ad una situazione di circa 18 anni fa, quando non era ancora entrata in vigore della Legge Sirchia (2005) che ha esteso il divieto di fumo a tutti i locali chiusi. Nel sesso femminile si è riscontrato un andamento analogo, fortunatamente di minore entità, ma non per questo meno allarmante. Dunque la prevalenza totale dei fumatori attuale è del 24,2%, cioè all'incirca 1 italiano su 4 è fumatore, il che rappresenta indubbiamente un dato preoccupante e su cui bisogna riflettere.

Secondo alcuni, l'impatto negativo sulle nostre vite determinato dalla pandemia COVID-19, ha avuto un ruolo sulla produzione del suddetto peggioramento del tabagismo in Italia. Ma un altro aspetto forse maggiormente responsabile dell'aumento del fumo è stata la diffusione dei prodotti alternativi alle sigarette classiche (e-cig e sigarette a tabacco riscaldato) che si sono aggiunte al consumo di sigarette tradizionali.

In effetti, dopo l'emergenza COVID-19 si è riscontrata, almeno presso il Centro Antifumo di Aversa, una diminuzione di nuovi accessi e tra questi un'incremento notevole di coloro che riferiscono di usare sigarette a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche.

In Italia le sigarette elettroniche si sono diffuse dal 2010 e i prodotti del tabacco riscaldato (HTP) dal 2016 (1). Se osserviamo l'andamento della prevalenza dei fumatori a partire dall'anno di diffusione in Italia delle e-cig e delle sigarette a tabacco riscaldato noteremo che le linee di tendenza indicano in entrambi i casi un aumento. 




Il consumo di sigarette a tabacco riscaldato è triplicato rispetto al 2019 (ultimo anno di rilevazione pre-pandemica) passando dall'1,1% al 3,3% del 2022.

Per le sigarette elettroniche si è registrato un incremento di oltre il 40% rispetto al 2019 (dall'1,7% al 2,4% del 2022); peraltro, si è osservato che gli utilizzatori di e-cig sono quasi esclusivamente consumatori duali. Infatti, l’81,9% di chi usa la sigaretta elettronica è un fumatore duale, cioè consuma contemporaneamente sigarette tradizionali ed e-cig. Quelli che riescono a spostarsi completamente dalla sigaretta convenzionale a quella elettronica per la maggior parte vanno incontro a ricaduta con la ripresa della sigaretta convenzionale da sola o in associazione all'elettronica.

Intanto l’industria dei nuovi prodotti del tabacco (HTC ed e-cig contenente nicotina) difende i propri interessi usando il concetto di riduzione del danno come scudo per continuare a diffondere e mantenere la dipendenza nicotinica, soprattutto negli adolescenti per i quali gli effetti della nicotina sono ancora più deleteri dato che agisce su un cervello in via di sviluppo. Insomma, la diffusione di nuovi prodotti del tabacco che si nascondono dietro il concetto della riduzione del danno stanno contribuendo a creare le condizioni per generare i dipendenti patologici di domani.

Altro dato preoccupante è quello della progressiva diminuzione dei Centri Antifumo che nel 2021 erano 268 e nel 2022, a seguito di una riduzione di circa il 17%, si è scesi a 223 Centri Antifumo.













1. Silvano Gallus, Elisa Borroni, Anna Odone, Piet A van den Brandt, Giuseppe Gorini, Lorenzo Spizzichino, Roberta Pacifici, Alessandra Lugo: The Role of Novel (Tobacco) Products on Tobacco Control in Italy. Int J Environ Res Public Health. 2021 Feb 16;18(4):1895.

Guglielmo Lauro
(medico)

martedì 10 maggio 2022

31.05.2022 World No Tobacco Day 2022: "Proteggi l'ambiente!" - I Mercanti di dubbi e la Strategia del Tabacco

I cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. Anno dopo anno gli effetti disastrosi delle politiche ambientali fallimentari dei governi di tutto il mondo si fanno sempre più pesanti per la popolazione. Eppure, fino al 2004 tutti i media mondiali, sia pubblici e sia privati, trattavano con sufficienza il cambiamento climatico considerandolo alla stregua di una teoria pseudoscientifica: tutta da dimostrare. I cambiamenti climatici erano descritti come un’ipotesi non suffragata da prove scientifiche e, quindi, non degna d’attenzione. I media più “sensibili” al richiamo economico e ricattatorio delle sirene delle grandi multinazionali, dedite allo sfruttamento incontrollato d’ogni risorsa terrestre, descrivevano il fenomeno, all’epoca già ampiamente in atto, come una fantasia degli ambientalisti. Con toni, a volte accesi e a volte paternalistici, furono pubblicati articoli su articoli nei quali i cambiamenti climatici erano descritti come fenomeni assolutamente naturali, per nulla dipendenti dall’utilizzo intensivo globale e incontrollato dei combustibili di origine fossile e, tantomeno, dalle attività umane di sfruttamento delle risorse planetarie. Purtroppo il potere persuasivo dei mezzi d’informazione è riuscito negli anni a cogliere il drammatico obiettivo di far credere all’opinione pubblica che nulla di grave e irreparabile stesse accadendo. Una scienziata di nome Naomi Oreskes, docente di chiara fama presso la prestigiosa Università di Harvard, con uno studio del 2010, ormai passato alla storia, inchiodò alle proprie responsabilità i più importanti giornali e reti televisive americane dimostrando, in maniera inconfutabile, che per anni avevano censurato i risultati di quasi mille articoli, tutti soggetti a serratissimi controlli incrociati, pubblicati sull’argomento dalle più importanti riviste scientifiche internazionali che, nella quasi totalità, erano d'accordo nel ritenere che la Terra si stesse surriscaldando e che i responsabili di questi catastrofici cambiamenti climatici erano gli uomini che, con il loro assurdo sfruttamento selvaggio delle risorse planetarie e con l’assenza di qualsivoglia attenzione per l’ambiente di chi gestiva le varie attività umane, stavano portando la Terra verso il “punto di non ritorno”. Dopo la pubblicazione dei risultati della ricerca di Naomi Oreskes iniziò un dibattito che continua ancora oggi: è vero che è in atto un cambiamento climatico causato dall’uomo? Quando gli effetti di questo cambiamento diventeranno irreversibili? Nel dibattito furono protagonisti attivi, in senso negativo, i grandi mezzi di comunicazione. Iniziata con la ricerca di Oreskes la censura della verità da parte dei media ha, ormai, creato nell’opinione pubblica dubbi e incredulità sempre più crescenti. Questi dubbi sono sfruttati da chi ha tutto l’interesse a posticipare, o evitare del tutto, interventi legislativi seri per ristabilire l’equilibrio climatico ormai perso. Obiettivo di queste persone è evitare in ogni modo l’emanazione di leggi o provvedimenti a favore dell’ambiente e del clima. In quest’operazione di disinformazione un posto di rilievo lo ricoprono sin dagli anni Cinquanta alcuni scienziati di fama mondiale (purtroppo tra questi ci sono anche alcuni italiani) che utilizzano una tecnica di disinformazione chiamata “strategia del tabacco”. È una tecnica utilizzata con grande successo per condizionare il governo americano e bloccare ogni tipo di misura che potesse limitare o rallentare il consumo dei prodotti a base di tabacco. Gli anni Cinquanta furono il decennio nel quale s’iniziavano a leggere i primi dati riguardanti esperimenti e studi epidemiologici che dimostravano un chiaro e lampante nesso tra il consumo di prodotti legati al tabacco e il cancro polmonare. Negli U.S.A. e a livello internazionale questo nesso fu considerato, in pochissimo tempo, scientificamente provato e al di sopra d'ogni plausibile dubbio. Nonostante ciò, fino a pochi anni fa, il consumo di tabacco non è mai stato combattuto seriamente, a dispetto della sua estrema pericolosità. E tutto questo perché la strategia messa in campo dai grandi produttori di tabacco, tesa a creare e diffondere notizie false (quelle che oggi si chiamano fake news) riguardanti l’effettiva pericolosità del fumo di sigaretta, aveva creato nell’opinione pubblica dubbi difficili da confutare. Per condizionare gli americani (e il resto del mondo) e convincerli che il fumo “non fa male” sono stati erogati in poco più di sessanta anni finanziamenti per decine di miliardi di dollari a Istituti e Centri di Ricerca, Università, Cliniche, Ospedali, Fondazioni, Associazioni e Istituzioni pubbliche e private. I più importanti College hanno ricevuto finanziamenti enormi per creare borse di studio e progetti di ricerca destinati a dimostrare che il fumo non fa male. A livello di comunicazione globale sono state create dalle più famose agenzie di pubblicità internazionali campagne per convincere la pubblica opinione che non esiste alcuna certezza della pericolosità del tabacco. La scelta decisiva, però, è stata quella di “convincere” molti famosi scienziati, alcuni noti per aver collaborato al Progetto Manhattan (quello per la creazione della prima bomba atomica) a mentire spudoratamente sul pericolo per la salute derivante dal tabacco. Numerosi tra questi scienziati furono scelti perché erano molto ben visti negli ambienti governativi, cosa molto utile quando una lobby deve bloccare una legge “sgradita”. La “strategia del tabacco” doveva, però, nel proprio egoistico interesse, rispettare le “regole della democrazia” e, pertanto, era necessario per i media rispettare il principio delle ”pari opportunità”. Chi era a favore dell’uso senza regole del tabacco e chi, invece, lo contestava, ferocemente, doveva avere spazi sui giornali e tempi radiotelevisivi uguali per esprimere le proprie convinzioni. In questo modo subdolo, esattamente com’è avvenuto per la COVID-19, tesi prive di qualsiasi base scientifica erano contrapposte “alla pari” ai risultati di ricerche scientifiche rigorose e approfondite. Nel libro “Merchants of Doubt” scritto nel 2010, Naomi Oreskes ed Erik M. Conway, oltre a ricostruire questa strategia, dimostrano che essa è stata utilizzata, senza apportare troppe modifiche, a tutte le grandi emergenze ambientali come, ad esempio quella legata agli ossidi di zolfo e d’azoto emessi dalle centrali di produzione di energia elettrica alimentate a carbone. Per bloccare l’adozione di misure efficaci a ridurne la quantità, i media complici della strategia censurarono i risultati delle ricerche che dimostravano che le emissioni erano la principale causa delle “piogge acide” che distruggevano pascoli e foreste. Altro esempio è la messa al bando dei prodotti a base di clorofluorocarburi. Dopo che era stato provato che l’intensivo utilizzo di queste sostanze chimiche stava distruggendo lo strato di ozono dell’atmosfera, ci sono voluti anni di dure battaglie per vedere emanati i primi interventi legislativi che ne vietavano l’uso. È un altro, però, il dato più impressionante citato nel libro di Naomi Oreskes ed Erik M. Conway: dietro la cosiddetta “strategia del tabacco” si nascondono sempre le stesse multinazionali, gli stessi “opinion leader” e gli stessi scienziati. Non a caso queste persone sono state denominate “mercanti di dubbi”. Per queste ragioni quando sentirete sminuire, ad esempio, i pericoli derivanti dalla presenza di sostanze chimiche nei prodotti industriali o la sicurezza dell’energia nucleare provate a riflettere con la vostra testa, fatevi venire ogni sorta di dubbio e, se quel prodotto, quella sostanza o quel comportamento umano non vi convince affatto, nel dubbio, evitatelo come la peste!

Giuseppe Cristiano
(giornalista)