giovedì 17 agosto 2023

Grafico a …“bare”: tabacco, alcol e droghe a confronto!


Ad integrazione di quanto esposto nel precedente post, si vuole approfondire quali fattori concorrono a rendere le droghe illegali, come eroina e cocaina, meno letali rispetto a quelle legali, tabacco e alcol.
In realtà ciò che fa la differenza è il contesto in cui una qualsiasi sostanza viene utilizzata. Chi inizia a fumare e chi inizia a bere in genere lo fa in un contesto di socialità, per cui l'uso del fumo e dell'alcol non viene percepito come dannoso, ma un piacere conviviale. L'inizio dell'uso delle droghe illegali avviene, invece, in un contesto solitamente di isolamento sociale o di isolamento emotivo.

La comunità scientifica ha a lungo creduto che la dipendenza da qualsiasi droga fosse causata dalle proprietà intrinseche di dipendenza della sostanza. Questa deduzione è riconducibile ad esperimenti condotti utilizzando la scatola Skinner, una gabbia inventata negli anni '30 del secolo scorso dallo psicologo americano Burrhus Frederic Skinner, e che hanno rivelato che i ratti tenuti in cattività, isolati e posti davanti alla scelta fra acqua semplice e acqua drogata si auto-somministravano droghe fino a morirne rapidamente. Da ciò fu dedotto che la dipendenza fosse causata dalle droghe stesse, trasformando coloro che le consumavano in tossicodipendenti.

Tuttavia, nel 1978, Bruce K. Alexander, uno psicologo canadese, ha condotto lo studio Rat Park, rivoluzionando la comprensione della dipendenza. Come noi, i topi sono creature sociali e desiderano fortemente il contatto e la comunicazione con i loro simili. Alexander e il suo team crearono un parco abbastanza grande da ospitare da 16 a 20 ratti maschi e femmine, allestito come un parco giochi completo di ruote e palline da gioco, spazi per l'accoppiamento, cibo ed acqua a volontà, ma anche disponibilità di acqua drogata (soluzione contenente morfina). Il risultato fu che, a differenza della scatola di Skinner, in Rat Park i topi non sceglievano più di consumare morfina.

Il concetto che le persone isolate in uno spazio ristretto mostrassero una minore esitazione nell'utilizzare una sostanza d'abuso per combattere la noia, la solitudine o le condizioni di vita sfavorevoli, andava contro le precedenti "prove" che attribuivano la dipendenza alla sostanza stessa. Di conseguenza, i risultati dello psicologo Bruce K. Alexander, pubblicati nel 1981, non furono inizialmente accolti favorevolmente.
D’altra parte un’esperienza che ha coinvolto esseri umani e che ha permesso di giungere a conclusioni analoghe a quelle riportate dallo psicologo canadese, era storicamente già avvenuta: la Guerra del Vietnam (1955-1975). Durante tale conflitto circa il 20% dei soldati statunitensi diventò dipendente dall'eroina, essendo tale droga ampiamente disponibile. In effetti si contavano più tossicodipendenti americani in Vietnam che in tutti gli Stati Uniti. Ciò suscitò grande preoccupazione: quali sarebbero state le conseguenze al momento del ritorno a casa? Si temevano scenari apocalittici, ma in realtà non accadde nulla del genere. Nel giro di un anno, il 95% dei soldati smise di assumere l'eroina. Per quanto riguarda il restante 5%, molti di loro erano già consumatori di eroina prima di partire.
È importante notare che, sebbene tutti inevitabilmente entriamo in contatto con sostanze e comportamenti che possono portare all'insorgenza di dipendenza, non è detto che ne diventiamo automaticamente dipendenti. Ad esempio, non possiamo presupporre che tutte le persone che hanno bevuto alcolici sviluppino problemi di alcolismo, o che chiunque abbia provato una sigaretta diventi un fumatore accanito. Allo stesso modo, non tutti coloro che hanno giocato d'azzardo diventeranno giocatori patologici, né chi ha ricevuto trattamenti farmacologici a base di morfina svilupperà una dipendenza da eroina.
Dunque, gli esperimenti condotti con la scatola di Skinner evidenziano che le cavie hanno un innato bisogno di connessione, ma se private di legami adeguati, si attaccheranno a qualunque cosa offra un senso di conforto, anche se in modo disfunzionale o addirittura pericoloso per la propria vita. Gli esseri umani sperimentano qualcosa di molto simile quando avvertono il peso di una gabbia mentale, ovvero quando ci si sente bloccati, insoddisfatti e senza una via di fuga.
L’attuale contesto sociale vuole farci passare il fumo e l’alcol come mezzi di connessione sociale legati a momenti di gioia, divertimento, amicizia e successo, ma si tratta solo di stereotipi e idee distorte che ci intrappolano in gabbie mentali. Ciò viene realizzato attraverso pubblicità che mostra persone attraenti e felici mentre brindano o fumano, creando l'idea che il consumo di queste sostanze sarebbe legato ad una migliore socializzazione, soddisfazione o successo. Ad esempio, il vino essendo stato parte integrante di molte culture influenzando l'arte, la letteratura, la religione, la gastronomia è rientrato in tradizioni sociali difficili da scardinare. Il tabacco, nonostante non possieda una tradizione millenaria come l'alcol, ha tratto vantaggio da una diffusione basata principalmente su sofisticate strategie di marketing che sono state in grado di associare il fumo a ideali di libertà, avventura, seduzione e successo, creando peraltro connessioni tra il fumo e l'identità personale. Dunque se l’influenza socio ambientale è parte del problema, logicamente dovrebbe essere parte della soluzione!
In effetti, se non fosse per l'influenza sociale spesso ingannevole e per i modelli di marketing guidati da interessi economici, il fumo e l'alcol non sarebbero così diffusi e conseguentemente correlati a tassi di letalità talmente elevati da superare di gran lunga quelli delle droghe illegali.

Dunque, per contrastare efficacemente l'abuso di sostanze, la società dovrebbe offrire opportunità gratificanti per interagire, dovrebbe sollecitare a condividere momenti speciali e coltivare interessi, incoraggiando un impiego costruttivo del tempo libero. Supportare occasioni ricreative non dannose ma coinvolgenti aiuta le persone a soddisfare il proprio bisogno di socializzazione in modo sano, riducendo i fattori di rischio per la dipendenza e migliorando il benessere psicofisico individuale e collettivo. Tuttavia la nostra società non sembra pronta a rinunciare a certe sostanze e comportamenti dannosi, né riesce a valorizzare alternative positive come svaghi non rischiosi e attività edificanti nel tempo libero, nonché occasioni produttive di crescita personale. 
Guglielmo Lauro
(medico)