sabato 5 dicembre 2020

05.12.2020 Giornata Nazionale della Salute Mentale: la cessazione del fumo di tabacco in ambito psichiatrico


La Giornata Nazionale della Salute Mentale è stata istituita il 5 dicembre 2004 per contrastare le discriminazioni e le disuguaglianze nei confronti dei soggetti con patologie psichiatriche. Ecco il fumo di tabacco rappresenta  un forte promotore di discriminazioni e disuguaglianze specie in persone svantaggiate e con sofferenza psichica. Quindi si sottolinea l'importanza di promuovere la cessazione del fumo in ambito psichiatrico non solo per favorire le attività di recupero e di reinserimento sociale, ma anche per conferire maggiore efficacia ai trattamenti psicofarmacologici.
Nei pazienti psichiatrici la prevalenza del fumo è molto più alta che nella popolazione generale; di conseguenza, detti pazienti hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie fumo correlate rispetto a quelli senza psicopatologie e vanno incontro ad una più elevata mortalità (1). In effetti, la maggior parte delle morti premature in soggetti con disturbo mentale è dovuta a malattie croniche, soprattutto cardiovascolari e respiratorie, per le quali il fumo è un importante fattore di rischio (2). È vero che i tassi di fumo e i livelli di dipendenza sono alti nelle popolazioni psichiatriche e la cessazione è più impegnativa rispetto alla popolazione generale; tuttavia non bisogna sottovalutare quanto possa contribuire a tale situazione, un'antiquata cultura del fumo purtroppo ancora presente in parecchi Servizi di Salute Mentale, in cui la sigaretta è considerata accettabile e, in alcune circostanze, addirittura benefica (2).
Pertanto, la cultura del fumo che esiste in detti Servizi spesso tende a perpetuare i comportamenti dipendenti dal fumo, rappresentando dunque una vera e propria barriera per coloro che potrebbero smettere (2).
In effetti, dal momento che i sintomi da astinenza nicotinica sono spesso associati ad un’accentuazione di uno stato ansioso, vi è una diffusa convinzione che la cessazione peggiori le condizioni di salute mentale della persona (2). Le resistenze nei confronti dei percorsi di cessazione tabagica che spesso si osservano nei Servizi di Salute Mentale si basano anche sulla convinzione che la popolazione psichiatrica non ha alcun desiderio di smettere di fumare e non avrà successo se ci dovesse provare (2). Tuttavia, alcune ricerche hanno dimostrato che queste convinzioni sono infondate; parecchi pazienti con problemi di salute mentale desiderano smettere di fumare e sono in grado di farlo se adeguatamente sostenuti (2). Certamente i livelli di dipendenza nicotinica sono particolarmente elevati in questi individui, per i quali bisogna attivare dei percorsi di cessazione che richiedono attività di supporto più adeguate e stringenti (2).
Intanto, le strutture di trattamento della salute mentale rimangono ancora oggi l'unico settore dell'assistenza sanitaria che non è riuscito ad implementare divieti di fumo totali; un fallimento che perpetua le disuguaglianze di salute sperimentate da coloro che fumano e sono affetti da malattie mentali (1).
In caso di malattie mentali gravi (Serious Mental Illness, SMI) il fumo di tabacco determina un'aspettativa di vita di 15-20 anni inferiore rispetto alla popolazione generale e rappresenta un fattore di rischio modificabile significativo per la mortalità di tali individui (3). Se poi questi ultimi oltre a fumare hanno anche una comorbidità diabetica, corrono un rischio ancora maggiore di sviluppare complicanze cardiovascolari e morire prematuramente (3). Nonostante ciò gli interventi per smettere di fumare sono scarsamente offerti a questa popolazione (3).
Peraltro, è noto che il fumo può abbassare i livelli ematici di farmaci antipsicotici, pertanto smettere di fumare potrebbe consentire di ridurre le dosi necessarie di detti farmaci (4) con conseguente minore probabilità di effetti collaterali. In effetti, il fumo di sigaretta aumenta l'attività dell'enzima epatico, citocromo P450 1A2 (CYP 1A2), che interviene nel metabolismo dei farmaci, compresi gli antipsicotici come l'olanzapina e la clozapina (5), condizionandone una minore efficacia a parità di dosaggio. A sostegno di ciò, i ricercatori di uno studio di meta-analisi suggeriscono per i fumatori con schizofrenia di prescrivere antipsicotici a una dose doppia rispetto a quella di non-fumatori (5).
 
Si elencano una serie di convinzioni che non hanno alcun riscontro in base alla più recente letteratura scientifica:
  • Il diritto di fumare o considerare accettabili le pause per fumare
  • Fumare come automedicazione
  • Il fumo come attività di coping
  • Aumento della violenza e dell'aggressività del paziente fumatore se smette
  • La cessazione del fumo non rientra nelle responsabilità del personale dei Servizi di Salute Mentale
  • Scarsa motivazione e scarso desiderio di cambiare da parte delle persone con disturbo psichiatrico.
Insomma bisogna ancora affrontare e combattere diverse idee sbagliate nell'ambito delle politiche antifumo. Anzi si sottolinea che in base a recenti studi si è osservato che le persone con disturbi psichiatrici sono motivate a smettere di fumare e pronte al cambiamento quanto le persone senza disturbi psichiatrici (6).
 
Tra i diversi approcci possibili di lotta al fumo nei reparti di psichiatria sono stati presi in considerazione metodi di divieto parziale e totale.
L'evidenza suggerisce che i divieti di fumo totali sono più sostenibili dei divieti di fumo parziali, sono più efficaci nel ridurre l'esposizione del personale al fumo di tabacco ambientale e si accompagnano a minori probabilità di provocare aggressioni verbali o reclami da parte dei pazienti (1). I divieti parziali continuando a tollerare in qualche modo il fumo, alimentano ancora l'idea del fumo come pratica accettabile o ragionevole ricompensa. Inoltre, i divieti parziali fanno poco per incoraggiare i pazienti a considerare di smettere, e inducono scarsamente il personale a fornire trattamenti di cessazione (1).
Dunque, le nuove frontiere della lotta al fumo di tabacco passano per i reparti di salute mentale dove bisognerebbe avvalersi di approcci e metodologie antifumo più evolute e specifiche e quindi favorire il riconoscimento del diritto alla salute delle persone con disagio mentale.

1. Wye P, Bowman J, Wiggers J, Baker A, Knight J, Carr V, Terry M, Clancy R: Total smoking bans in psychiatric inpatient services: a survey of perceived benefits, barriers and support among staff. BMC Public Health. 2010 Jun25;10:372. doi: 10.1186/1471-2458-10-372.
2. Jones SE, Mulrine S, Clements H, Hamilton S: Supporting mental health service users to stop smoking: findings from a process evaluation of the implementation of smokefree policies into two mental health trusts. BMC Public Health. 2020 Oct 28;20(1):1619.
3. Alison R Hwong, Julie Schmittdiel, Dean Schillinger, John W Newcomer, Susan Essock, Zheng Zhu, Wendy Dyer, Kelly C Young-Wolff, Christina Mangurian: Smoking cessation treatment for individuals with comorbid diabetes and serious mental illness in an integrated health care delivery system. AddictBehav. 2020 Oct 14;106697.
4. Ratschen E, Britton J, Doody GA, Leonardi-Bee J, McNeill A: Tobacco dependence, treatment and smoke-free policies: a survey of mental health professionals' knowledge and attitudes. Gen Hosp Psychiatry. 2009 Nov-Dec;31(6):576-82.
5. Aliya M. Lucatch, Darby J. E. Lowe, Rachel C. Clark, Karolina Kozak, Tony P. George: Neurobiological Determinants of Tobacco Smoking in Schizophrenia. Front Psychiatry. 2018; 9: 672.
6. Jake Johnston, Joanna Xia, Man Ting Kristina Yau, Jay Ching-Chieh Wang, Chizimuzo T C Okoli, Milan Khara: The Impact of Psychiatric Disorder Diagnosis on Motivation to Quit and Stage of Change Among Patients at a Hospital-Based Outpatient Smoking Cessation Clinic. J Dual Diagn. 2021 Feb 18;1-22.
Guglielmo Lauro
(medico)
vedi anche: