mercoledì 30 dicembre 2009

Fattori predittivi positivi e negativi per smettere di fumare

Numerosi studi clinici hanno evidenziato la presenza di diversi fattori che incidono sull'efficacia dei trattamenti per il tabagismo.
Certamente la volonta di smettere da parte del paziente gioca a suo favore, rispetto a situazioni in cui giunge al Centro Antifumo su pressione dei familiari. Il supporto di amici e familiari è importante purché c'è la volontà di smettere. Diversamente, se vi è una pressione sociale che induce a fumare (fumo in famiglia, nell'ambiente di lavoro, fumo del partner, etc.), smettere di fumare diventa un percorso ad ostacoli.
Peraltro, si riportano dei fattori che intervengono sulla capacità di smettere di fumare meno prevedibili. Le probabilità di smettere sono più alte fra se le sigarette fumate sono maggiori di 10; chi fuma meno di 10 sigarette al giorno probabilmente perché sono più inclini a sottostimare il rischio del fumo, di essere capaci di controllare la dipendenza e di smettere quando vogliono. Secondo un recente studio (1) effettuato su 1230 pazienti mettendo a confronto il numero di sigarette con le percentuali di successo si sono riscontrate le seguenti percentuali:





Anche il numero di tentativi hanno un certo valore predittivo, nel senso che si hanno maggiori probabilità di successo al 2° e al 3° tentantativo rispetto al primo tentativo di cessazione.
È più facile smettere per le persone che dichiarano di fumare per compensare lo stress rispetto alle persone che fumano per “relax” o “fumano continuamente”.
È più facile smettere per coloro che si trovano in un periodo positivo della vita, e quindi di generale soddisfazione, rispetto a coloro che si trovano in un periodo di forti tensioni; infatti, i primi hanno più energia per prendersi cura di sé stessi, rispetto ai secondi che possono essere meno in grado di resistere alle pressioni esterne (presenza di altri fumatori, invito a fumare e offerta di sigarette).
Infine, vi è la categoria dei fumatori per i quali è particolarmente difficile smettere, i cosiddetti "fumatori difficili", coloro che hanno in anamnesi: fumo di droghe illegali, anomalo consumo di alcol (dipendenza, abuso o uso per sostituire le sigarette), trattamento con analgesici oppioidi, patologie psichiatriche, gioco d'azzardo patologico, malattia rare tabacco correlate. 

1. Biagio Tinghino, Valeria Andreoni, Teresa Ciociola, Valeria Colombo, Antonio Crocco, Valeria De Giovanni, Barbara Lissoni, Giuseppe Monaco, Lorenza Palmieri, Francesca Zucchetta: Questionario Multiarea per la valutazione del tabagismo. Tabaccologia 2009; 4: 20-26.
Guglielmo Lauro
(medico)

lunedì 30 novembre 2009

Cattivi modelli istituzionali non fanno bene alla salute pubblica

Gli operatori della salute, ed in primis i medici, se fumatori, inviano messaggi comportamentali scorretti e non possono invitare in maniera convincente i propri pazienti a smettere di fumare, né tanto meno possono essere in grado di curare i disturbi da addiction (dipendenze da sostanze, da farmaci, le dipendenze comportamentali, etc).
I loro comportamenti, infatti, non sono sicuramente ininfluenti sugli stili di vita dei propri pazienti e i loro interventi di prevenzione saranno meno efficaci, anzi i medici che fumano rappresentano una sorta di promotori occulti del tabacco.
Soprattutto i medici di famiglia, dovrebbero svolgere un ruolo importante nel settore dell'educazione sanitaria al pubblico; e ciò è particolarmente vero per quanto riguarda il fumo di tabacco. Tale ruolo può essere svolto proficuamente solo se non fuma. Tra i medici fumatori vi è difficoltà a parlare al pubblico sui danni da fumo e vi è anche un maggiore permissivismo nel consentire il fumo là dove è vietato, come per esempio nelle strutture sanitarie.
Purtroppo, in Italia la prevalenza di medici fumatori è addirittura superiore a quella della popolazione generale, con punte che raggiungono il 40%, contro il 2% del dato epidemiologico statunitense. Questo è un fenomeno oggettivamente grave, che è indispensabile correggere, pena la mancanza di credibilità dell’intera categoria (1).
A tal proposito si ricorda che nel 2003 il direttore dell'Istituto farmacologico Mario Negri Silvio Garattini ha proposto di "Escludere dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) i medici che fumano nell'esercizio della loro professione".
Per il noto farmacologo dell’Istituto Mario Negri se un medico fuma durante le ore di lavoro scatta il conflitto di interesse con la struttura sanitaria dove lavora e quindi con il SSN. Infatti il cattivo esempio del sanitario induce a fumare il suo “cliente” e questo, a sua volta, costa di più a causa delle malattie che sopravvengono per colpa della sigaretta. Per Garattini occorre inserire una clausola nel prossimo contratto nazionale di categoria.
Può essere una provocazione, ma si dovrebbero riprendere realmente i medici che fumano in servizio e invitarli seriamente a partecipare a percorsi antifumo.
Alcuni affermano che la sigaretta è legale e ognuno è libero di fumare, e dunque rivendicano la propria libertà di fumare, ma quanto è possibile parlare di libertà nei confronti dell’uso di sostanze che sono in grado di creare dipendenza e che quindi non ci rendono liberi, bensì schiavi?
 
1. Enea D, Tinghino B: Medici che fumano. Tabaccologia, p. 46-47 2/2003.
Guglielmo Lauro
(medico)


giovedì 15 ottobre 2009

Coaching anti-tabacco

Il coaching anti-tabacco rappresenta una modalità di approccio utilizzata nei Centri Antifumo per aiutare le persone a smettere di fumare. 

I punti principali su cui si basa il coaching anti-tabacco sono:

1) Identificazione dei trigger: Il coach aiuta il fumatore a identificare i momenti o le situazioni che lo inducono a fumare (es. momenti di stress, bere un caffè, una bevanda alcolica, uscire con amici).

2) Sviluppo di strategie alternative: Il coach aiuta il fumatore a sviluppare strategie alternative per gestire le situazioni di trigger, come fare esercizio fisico, meditare o mangiare uno spuntino. Quindi attraverso il coaching il fumatore viene aiutato a sviluppare strategie efficaci per affrontare e superare le sfide, aumentando la sua resilienza ovvero la capacità di far fronte allo stress e alle situazioni difficili uscendone rafforzati.

3) Motivazione: Il coach incoraggia e motiva il fumatore a continuare il suo percorso verso l'astinenza dal fumo, ricordandogli i benefici del suo successo e il benessere che otterrà dalla riduzione o eliminazione del fumo. Il coaching aiuta a sviluppare una prospettiva positiva e a guardare alle sfide come opportunità per crescere e svilupparsi accrescendo due fattori importanti per la resilienza: l'autostima (considerazione che si ha di sé stessi) e l'autoefficacia (fiducia nella propria capacità di raggiungere un obiettivo definito).

4) Gestione delle ricadute: Il coach aiuta il fumatore a prevedere e gestire eventuali ricadute, fornendo supporto e consigli per superare eventuali momenti difficili.

In tal modo il percorso presso un centro antifumo diventa un percorso di crescita personale.  Smettere di fumare migliora la salute fisica e mentale, aumenta la sicurezza in sé stessi e la consapevolezza dei propri comportamenti, e fornisce una piattaforma per affrontare altre sfide personali. Tuttavia, la riuscita dipende dalla motivazione personale e dalla disponibilità a lavorare costantemente su sé stessi.

Guglielmo Lauro
(medico)

martedì 15 settembre 2009

Mozziconi: un veleno nascosto

 

I mozziconi di sigaretta sono la forma più comune di rifiuti di plastica monouso e l'industria continua a produrne migliaia di miliardi ogni anno. Le materie plastiche dei mozziconi di sigaretta dovrebbero essere regolamentate come plastica monouso, dato che contribuisce a deteriorare l'ambiente disgregandosi in microplastiche.
L'industria commercializza i filtri come un modo per far sembrare le sigarette più sicure, ma in realtà possono aumentare i danni del fumo, dato che i fumatori sono esposti anche all'inalazione e all'ingestione di microscopici frammenti di fibre di plastica presenti nei filtri.
Lo smaltimento della plastica monouso è regolamentato a livello nazionale e internazionale. 
A livello nazionale, ogni Paese ha le sue leggi e regolamenti per lo smaltimento dei rifiuti, che includono la plastica monouso. Ad esempio, in Italia è regolamentato dalla normativa europea sui rifiuti e dalla legislazione nazionale sui rifiuti.
A livello europeo, la Direttiva sui rifiuti (2008/98/CE) stabilisce che i mozziconi di sigarette devono essere gestiti come rifiuti urbani, e non li definisce specificamente come rifiuti pericolosi. Ciò significa che i mozziconi di sigarette vengono gestiti come rifiuti comuni e non vengono trattati come materiali pericolosi.
Altri Paesi hanno preso provvedimenti più seri e includono i mozziconi di sigaretta tra rifiuti pericolosi come il Canada, in molte parti dell'Australia, in alcune parti del Regno Unito e in alcune città e Stati degli USA (California).
A livello internazionale l'obiettivo è quello di ridurre l'impatto ambientale della plastica monouso attraverso la Convenzione di Francoforte sulla Gestione dei Rifiuti adottata nel 1989 e ratificata da oltre 80 Paesi. Tuttavia, per quanto riguarda i mozziconi di sigaretta, non esiste una disposizione specifica nella Convenzione di Francoforte che si riferisca allo smaltimento di questi rifiuti. 
Intanto, va sottolineato che mozziconi di sigarette oltre a contenere plastiche non biodegradabili che vanno ad alimentare le microplastiche ambientali, contengono sostanze tossiche derivanti dalla combustione della sigaretta come piombo, arsenico, cadmio e altre sostanze dannose che spesso vi si accumulano. Rappresentano quindi dei piccoli inquinanti ambientali, ma spaventosamente innumerevoli, dei quali pare che non si voglia affrontarne la pericolosità ambientale.
Lauro Guglielmo
(medico)


sabato 1 agosto 2009

Il fumo di tabacco, un fattore ambientale associato al rischio di lesioni precancerose e progressione di diffuse neoplasie correlate all'HPV

I virus del papilloma umano (HPV, acronimo di Human Papilloma Virus) sono un insieme di virus responsabili di infezioni molto diffuse nella popolazione e trasmesse prevalentemente per via sessuale. Se l'infezione si prolunga nel tempo allora possono insorgere malattie della cute e delle mucose. Un esempio è la lesione mucosa a livello del collo dell'utero. Solitamente l'infezione provocata da questi virus non causa nessuna alterazione e si risolve da sola grazie all'intervento del nostro sistema immunitario. La maggior parte di queste lesioni cervicali guarisce spontaneamente, ma alcune, se non trattate, progrediscono lentamente verso forme tumorali benigne (condiloma genitale) o maligne (cancro al collo dell'utero, al cavo orale, all'ano, all'esofago e alla laringe).
Dunque il fattore di rischio più importante per lo sviluppo delle forme tumorali da HPV è la persistenza dell'infezione e la mancata eliminazione del virus da parte del sistema immunitario.
Il fumo di tabacco è stato identificato tra i responsabili della persistenza dell'infezione da HPV sia a livello orale che a livello genitale (1).
La persistenza dell'infezione da HPV è il più forte fattore epidemiologico associato alla neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN) ed al Carcinoma della cervice uterina (CC) (2).
Gli studi riportanto che il tabagismo interferisce con l’incidenza e la prevalenza dell’infezione da HPV determinando un aumento del rischio di CIN e CC da due a quattro volte (3). Peraltro, è stato anche riscontrato che smettere di fumare comporta una diminuzione della dimensione della lesione CIN (4).
Secondo alcuni studi il virus del papilloma umano, oltre a essere causa di moltissimi tumori alle mucose, potrebbe avere un ruolo nella patogenesi di diverse malattie croniche infiammatorie e autoimmuni, tra cui la sclerosi multipla, la sindrome di Kawasaki, il lupus eritematoso sistemico e l'artrite reumatoide sulle quali interferisce negativamente anche il fumo di tabacco.

1. Haukioja A, Asunta M, Söderling E, Syrjänen S: Persistent oral human papillomavirus infection is associated with smoking and elevated salivary immunoglobulin G concentration. J Clin Virol. 2014 Sep;61(1):101-6.
2. Andersson S, Rylander E, Larsson B, Strand A, Silfversvard C, Wilander E: The role of human papillomavirus in cervical adenocarcinoma carcinogenesis. Eur J Cancer 200137:246-250.
3. José Alberto Fonseca-Moutinho: Smoking and cervical cancer. ISRN Obstet Gynecol. 2011;2011:847684. 
4. A Szarewski, M J Jarvis, P Sasieni, M Anderson, R Edwards, S J Steele, J Guillebaud, J Cuzick: Effect of smoking cessation on cervical lesion size. Lancet. 1996 Apr 6;347(9006):941-3.
Guglielmo Lauro
(medico)