La dipendenza da tabacco, rispetto alle altre forme di addiction, è ancora più complessa da trattare. Sia perché si svolge in una cornice di diniego della condizione di dipendenza, sia perché, diciamocela tutta, “se è legale, non farà male, no?”. Stronzate. Avere il “vizio” del fumo (chiaro, che vizio non è, giusto?) significa passare attraverso le stesse fasi di chi, che so, si buca! Modalità compulsiva e discontrollata di assunzione, pensiero ossessivo, comportamenti stereotipati, craving ovvero desiderio spasmodico ed intrusivo, perdita di controllo sulle azioni, ansia e irritabilità, il tutto finalizzato alla soddisfazione di un desiderio…malato. Eh, ma che esagerazione descritto così, vero? Vi racconto una mia breve esperienza per concretizzare le fasi appena descritte. Parigi, estate del 2016, domenica. Ero a casa di alcuni dei miei parenti parigini. Scorte di sigarette ovviamente, e per il costo molto più alto in Francia, e perché la marca che fumavo introvabile (F-U-M-A-V-O: tempo imperfetto, tempo passato, non qui ed ora, ma lì ed allora!). Esco di casa per andare a far visita ad un’altra zia. Sto per arrivare a destinazione, dopo aver fatto 30 km in piena campagna periferica della bellissima Île de la Citè, ma mi accorgo di aver dimenticato le sigarette nella casa dove alloggiavo. Il primo pensiero, accompagnato da un vuoto allo stomaco, è stato di tornare indietro. Inutile, non avevo le chiavi ed erano usciti tutti. Cosa fare? Di domenica, nel presto pomeriggio, e nella periferia francese del nord puoi anche morire, non trovi nessuno per strada, né alcun negozio aperto! Ansia, quasi panico, nervosismo, inizio ad imprecare contro me stessa: “come ho fatto a dimenticarle?”. Dimentichi la zia che non vedi da anni, dove sei, chi sta con te, esiste un unico pensiero: comprare le sigarette! In sintesi, mi barcameno con l’auto verso il centro di Parigi, aumentando di molto la strada da fare, per non accorgermi nemmeno di stare anche a secco con la benzina. E così mi ritrovo, senza sigarette, a piedi con l’auto, sperduta chissà dove, di umore nero, in attesa che venissero a recuperarmi. Non è toccare il fondo questo? Questo ricordo così nitido, non racchiude forse, tutti gli step per la definizione di dipendenza patologica? La dipendenza da nicotina nasce da un’esperienza di piacere sì, ma sconnessa dallo sfondo. Quel piacere diventa assoluto, blocca la nascita di un nuovo desiderio ed il suo relativo esaudire, crea un ingombro, una fissazione ad una sola esperienza di piacere. Sempre la stessa. Che non si soddisfa mai veramente. La zia, il piacere di salutare una parente che non vedi mai, la gioia di essere in uno dei posti più belli del pianeta. Tutto passa in secondo piano. Anzi, peggio, tutto sparisce dalla coscienza. E come definire questo, se non malattia?
La sigaretta è esperienza “ossessiva” centrata sul tabacco, una trappola nevrotica che crea dipendenza. Quando il desiderio di fumare si fa pressante, tutto intorno si appiattisce e perde di significato, una sorta di effetto bokeh attorno all’immagine nitida della sigaretta. Spiccioli di piacere che il fumatore riceve in prestito a tasso da usuraio; infatti, poi se ne accorge quando il debito di salute accumulato negli anni si traduce in danni e malanni spesso irreversibili.
(psicoterapeuta)
vedi anche:
Una testimonianza descritta in modo perfetto nella quale io mi rivedo anzi correggo rivedevo. Sono ancora a metà strada ma spero di raggiungere la meta come Lei Dottoressa. so che il fumo fa male è una dipendenza ma la sua consapevolezza e presa di coscienza così chiara nello esprimere certe senzazioni è come uno specchio che non ho mai guardato così attentamente.
RispondiEliminaEntrare in sintomia emotiva e rispecchiarsi in questa testimonianza significa non solo essere sulla stessa lunghezza d'onda di chi l'ha vissuta e scritta, ma anche condividerne i risultati per rinforzare il proprio status di ex fumatore o di mai fumatore!
EliminaGentile Cinzia, grazie per la sua condivisione. Continui il suo percorso e buona conoscenza con il suo sé più profondo. Entrando in contatto con il proprio sentire si fanno delle scoperte sensazionali che fungono da motivatori, giorno dopo giorno. Qui ed ora.
EliminaDott.ssa Patrizia Sasso
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Grazie Dottoressa
RispondiEliminaRileggo molto spesso il suo racconto. Grazie per aver condiviso la sua esperienza. Il passaggio “non smettere di fumare ma accettare il vuoto” è stato ed è per me un grande stimolo. Lavoro molto su questo. A un mese e mezzo da quel nuovo inizio ho provato un forte magone che si è protratto per un po’ di tempo. Ho capito che era la mancanza di sigarette a provocarlo. Oggi a 202 giorni dalla mia ultima sigarette (30 anni di fumo alle spalle, altro che matrimonio!), festeggio la mia prima passeggiata intensa di 4 chilometri senza affanno. Una vera emozione. Anche io pensavo che questo rapporto fosse indissolubile. Invece sono passati tanti giorni dal mio ultimo pacchetto comprato e lasciato a metà. E’ ancora nello stesso cassetto a farmi da monito.
RispondiEliminaGentile, grazie per la sua condivisione. Nel mio percorso lavorativo e di vita personale ho imparato che è proprio quel vuoto, spesso erroneamente associato alla paura del "niente", che lascia spazio al nuovo. Vuoto fertile come mi piace definirlo. Solo se faccio spazio eliminando ciò che mi fa male creo la possibilità di vivere nuove esperienze più sane e funzionali.
EliminaBuon proseguimento, ad maiora!
Dott.ssa Patrizia Sasso